In riferimento all’articolo pubblicato ieri da Italia Fruit News, la presidente del Distretto Agrumi di Sicilia, Federica Argentati, risponde come segue.
“Noi che rappresentiamo la filiera del Distretto Agrumi di Sicilia non vogliamo essere “scaltri”, vogliamo solo essere onesti, spiegando ai consumatori, per il tramite della tv di Stato – strumento di comunicazione rivolto al grande pubblico, non certo testata di settore – come funziona la filiera siciliana degli agrumi, le sue eccellenze, le criticità del sistema.
Un’operazione lineare, di corretta informazione e divulgazione alla platea televisiva, non certo pilotata a monte (per esempio nella selezione delle immagini in post-produzione) anche solo per provare a orientare le scelte dei consumatori.
Per questo – insieme alla discutibile metafora calcistica, che semmai ci conferma di aver centrato l’obiettivo – troviamo assai fuori luogo l’ironia di IFN sul prezzo delle arance nelle bancarelle del principale e storico mercato di Catania, dove gli agrumi arrivano in enormi quantitativi, ogni mattina, praticamente a KM 0.
Accade così anche a Treviso: il radicchio trevigiano costa assai meno che a Catania, dove incidono i costi di tutta una filiera che dal Veneto lo trasporta in Sicilia.
Sicché ci vediamo costretti a ricordare a IFN che Catania è la provincia siciliana che esprime la maggiore percentuale di ettari coltivati ad agrumi (arance rosse in particolare) in una regione che è la più agrumetata d’Italia.
A Catania, insomma, le arance le abbiamo sotto casa! E ogni mattina arrivano in città (nei mercati o a bordo delle “Ape Car” anche ai margini delle strade) su bancarelle di fortuna, senza lavorazione, imballaggio, certificazioni e con costi irrisori di trasporto.
L’occhio attento di IFN – e dei telespettatori – avrà anche notato nelle riprese fatte al mercato l’assenza di etichette “regolamentari” (figuriamoci i codici a barre) sostituiti da rudimentali cartoncini “faidate”, scritti a mano libera dagli improvvisati rivenditori che indicano i prezzi del giorno a un consumatore, il catanese, che trova arance in tutti gli angoli della città! Vedere per credere.
Senza contare che, purtroppo, in moltissimi casi si tratta di merce di illecita provenienza: più volte il Distretto ha denunciato lo stato di insicurezza degli agrumeti, oggetto di vere e proprie razzie.
Per tornare alle ragioni del nostro intervento a Linea Verde, ricordiamo che gli obiettivi – centrati, vorremmo tranquillizzarvi – erano due: informare il consumatore italiano di quali costi incidono sul prezzo finale degli agrumi siciliani che, con giustificato orgoglio, desidera portare sulla propria tavola.
Un prodotto coltivato con passione da generazioni di agrumicoltori, nel rispetto dei cicli della natura, dell’ambiente e del paesaggio di cui arance, limoni e mandarini sono testimonial da secoli. Un prodotto che, perché arrivi nei mercati del centro e nord Italia, necessita di numerosi passaggi (raccolta, selezione, imballaggio, certificazione, carichi fiscali e trasporto) su cui incide (anche) la marginalità geografica della Sicilia, cosa che, volendo, è anche la sua fortuna, a giudicare dalla grandissima biodiversità che la nostra isola riesce a esprimere in termini di produzioni d’eccellenza Dop, Igp e bio.
Secondo obiettivo del Distretto, anche questo centrato – nei prossimi giorni le istituzioni regionali preposte affronteranno il tema – quello di promuovere una campagna di comunicazione per aiutare il consumatore italiano nella scelta degli agrumi: anche le arance di piccolo calibro, e i siciliani lo sanno da sempre, sono buone come quelle grandi.
Ma il consumatore sui banchi vendita spesso sceglie solo quelle grandi, sicché una consistente quota di produzione viene snobbata e neanche raccolta. Un vero e proprio spreco. Di più: un insulto alla generosità della Natura, cui non possiamo certo imporre le dimensioni decise a tavolino.